Vasi comunicanti 1983
La pelle di pollo
Lasciarsi "sviare" da un'Opera d'Arte dal suo "aspetto esteriore", legato alla tecnica ricercata o nuova, semplice o complessa o dall'abilità esecutiva, insomma dal suo esteriore aspetto accattivante, equivale a un tradimento a se stessi. L'Opera non ne viene minimamente intaccata in questa sorte di mortificazione in quanto continua a rimanere tale, pronta a esibirsi di fronte a chi ne è degno discepolo. "Tradimento di se stessi" quindi, perché in questo caso, per mancanza di comunicazione l'osservatore di turno si perde un "reale e unico" arricchimento. Questo è dovuto a una scarsa educazione "all'auto-osservazione" e soffermarsi principalmente al meccanico funzionamento delle cose, con la smania di volere per forza "tecnicamente" anatomizzare, fa tornare alla mente il periodo da bambini che tutti abbiamo passato nello smontare e rimontare "oggetti" e, tutto ciò rende giustizia al "grande scenografico mondo" che ci circonda, "mondo degli adulti" dove tutto ha una "funzionalità economica". Per uscire e riscattarsi da questo "infantilismo psicotecnologico", bisogna modificare il proprio animo e disporre lo spirito in maniera diversa nei confronti di ciò che ci si offre, spogliandosi di tutte quelle sovrastrutture che irrigidiscono e chiudono quel "canale d'amore" per un completo rapporto con ogni cosa a cui ci si avvicina. Questo "canale d'amore" non è altro che la via per il dono più grande che l'essere umano ha, e cioè il meraviglioso, la capacità di meravigliarsi, di lasciarsi trascinare nella scoperta di se stessi e della totalità che ci circonda e a cui apparteniamo. Ecco, questa disponibilità, questa capacità di meravigliarsi richiama molto quella del bambino per il quale ogni esperienza è un "avvenimento totale" straordinario, per l'acquisizione di se e del mondo. Apparentemente si può concludere, vista la somiglianza col comportamento infantile, che i due atteggiamenti siano simili, in realtà, o meglio, nella realtà il primo atteggiamento, indiscutibilmente dominante, viene preso come quello maturo, adulto, razionale, mentre il secondo come quello più introverso, gratuito, infantile insomma. In verità, sono propenso per il contrario e ritengo che il primo caso non si sia mai spostato da quello stato embrionale della conoscenza, mentre il secondo atteggiamento è tipico del vero adulto, l'essere che è aperto a confrontarsi e a riconoscersi in un continuo divenire. Di fronte a un'Opera d'Arte e non solo, bisogna lasciarsi andare, non perdersi in labirintiche riflessioni tecniche, almeno all'inizio, ma entrare dalla porta principale, lasciarsi portare "dall'Opera dentro di essa", dentro noi stessi, ecco allora che ci si scoprirà non più a giocare come i bambini ma vivere un qualche cosa di serio, dove il tempo e lo spazio perdono le loro connotazioni (convenzionali), ritrovandosi a scoprire cose talmente antiche che erano state dimenticate, cose che "cromosomicamente" ci siamo portati appresso, di generazione in generazione, da sempre e che di generazione in generazione questo patrimonio continua ad essere arricchito. Queste mie righe sono qui per invitare a "vedere" le mie "Endografie" principalmente non dal lato tecnico, ma lasciarsi trascinare dal loro moto evocativo. Nonostante tutto, alla parte tecnica nella realizzazione di questi lavori do una importanza pari alle "pulsioni visive" ma, mi riservo per il momento di spiegarne le concrete fasi realizzative in quanto ad ognuna di esse do un ulteriore valore "simbolico-evocativo" al punto di affermare che il risultato finale non è che conseguenza di una serie di "atteggiamenti particolari" dove il "dono del meraviglioso" "gioca" un ruolo fondamentale e spiega l'Opera d'Arte non solo come prodotto artigianale ma modo di vivere. Domenico Turchetto
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